Scoperto alla Sapienza di Roma un nuovo metodo di riutilizzo dei residui del caffè a basso impatto ambientale

di Redazione 1

Un procedimento innovativo, messo a punto da Roberto Lavecchia e Antonio Zuorro del Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università di Roma La Sapienza, apre nuove prospettive per lo sfruttamento in senso ecologico dei residui di caffè, un rifiuto organico ad alto impatto ambientale prodotto nelle case e dalle industrie. L’ uso attuale dei chicchi di caffè è finalizzato alla produzione della bevanda e genera ingenti quantitativi di materiali di scarto che vengono solitamente smaltiti in discarica, con le conseguenze ambientali ed economiche che tale smaltimento comporta. I ricercatori della Sapienza hanno ora individuato nuovi processi di trasformazione per sfruttare anche i rifiuti derivanti dal caffè – i fondi casalinghi e i residui della produzione industriale del caffè solubile – ricavandone una vera e propria miniera di sostanze utili. Impiegando un solvente formato da acqua ed etanolo (il comune alcol presente nei vini e nei distillati di uva) i due studiosi sono infatti riusciti a recuperare oltre il 95 per cento dei polifenoli presenti nel caffè esausto. I polifenoli sono sostanze naturali con spiccate proprietà antiossidanti, usate nel settore cosmetico e dietetico-alimentare. I polifenoli estratti dal caffè hanno mostrato una capacità antiossidante superiore a quella di numerosi prodotti sintetici. Sia l’acqua che l’etanolo vengono integralmente recuperati al termine dell’estrazione e riutilizzati in ciclo chiuso, e in tal modo il processo non genera nessun tipo di rifiuto da smaltire. Il residuo solido che rimane dopo l’estrazione dei polifenoli si è rivelato poi un ottimo materiale per la rimozione dei metalli pesanti, utilizzabile per esempio per depurare acque contaminate da piombo, cadmio o da altre specie metalliche nocive. In alternativa, tenuto conto che il potere calorifico dei residui di estrazione del caffè è molto alto, addirittura superiore a quello del legno di migliore qualità, questo residuo potrebbe essere sfruttato sotto forma di pellets o bricchette per alimentare stufe, caldaie o caminetti.

Fonte: Ufficio stampa Università La Sapienza, Roma

Commenti (1)

  1. caro antonio sei un grande!!!! ti mando un grande abbraccio

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