Che cos’è il mieloma multiplo e le terapie – II

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Dopo avervi parlato della leucemia acuta, della leucemia acuta promielocitica, della leucemia acuta mieloide, della leucemia linfoide acuta, della  leucemia linfoide cronicadella  leucemia mieloide cronica dei linfomi non-Hodgkin e del  linfoma di Hodgkin, riportiamo quanto si legge sul sito ail.it per quanto riguarda il mieloma multiplo:

Il Mieloma Multiplo (MM) è una neoplasia ematologica caratterizzata da una proliferazione clonale con conseguente accumulo nel midollo osseo emopoietico di cellule immunologicamente differenziate che si chiamano plasmacellule.

Terapia: il MM è una malattia che deve essere trattata solo se sintomatica. I pazienti con MM smouldering (mieloma non sintomatico) dovrebbero essere osservati con follow-up più o meno frequenti, ma non dovrebbe essere effettuato alcun trattamento se non in seguito alla comparsa di sintomi.
Secondo le indicazioni della comunità scientifica internazionale, il MM deve essere trattato solo se è presente una delle seguenti alterazioni:

Presenza di ipercalcemia [C];
Presenza di insufficienza renale [R];
Presenza di anemia [A];
Presenza di lesioni litiche [B];

che vengono identificate dall’acronimo CRAB.

I pazienti affetti da MM possono essere divisi alla diagnosi in 2 gruppi: pazienti candidabili a chemioterapia ad alte dosi e trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (CSE) e pazienti non candidabili a trapianto autologo. Il limite anagrafico convenzionalmente stabilito è quello dei 65 anni; tuttavia, in alcuni casi, anche pazienti con età maggiore di 65 anni ma in buone condizioni cliniche possono beneficiare del trattamento con trapianto autologo.
Pazienti giovani candidabili a terapia con alte dosi   L’introduzione dei nuovi farmaci immunomodulatori e inibitori del proteasoma ha radicalmente modificato la terapia di prima liena del MM negli ultimi anni. Alla luce di tutti i risultati pubblicati, l’attuale standard di cura per la terapia di induzione pre-trapianto del paziente giovane con MM è la terapia a 3 farmaci VTD (Bortezomib, Talidomide e Desametazone) che ha soppiantato lo storico regime chemioterapico VAD (Vincristina, Adriamicina e Desametazone). Per i pazienti che hanno ottenuto una risposta alla terapia di induzione, viene effettuata una chemioterapia convenzionale con dosi intermedie o alte di Ciclofosfamide (associata al fattore di crescita granulocitario G-CSF) al fine di effettuare la mobilizzazione e la raccolta di cellule staminali ematopoietiche mediante la procedura di leucoaferesi. Una volta effettuata la leucoaferesi i pazienti vengono avviati a infusione di CSE dopo essere stai sottoposti a una chemioterapia di condizionamento mieloablativa basata sull’uso di Melfalan ad alte dosi (generalmente 200 mg/mq). I pazienti che non hanno raggiunto una risposta soddisfacente (almeno una Very Good Partial Response, VGPR) dopo il primo trapainto autologo di CSE, possono essere sottoposti ad un secondo autotrapianto che viene in genere effettuato a distanza di 3-4 mesi dal primo con la medesima chemioterapia di condizionamento. Al momento non ci son o dati conclusivi sull’utilità di una terapia di mantenimento basata sull’uso di Bortezomib o Talidomide da effettuare dopo il trapianto. Altri schemi utili da effettuare in prima linea di trattamento sono VD (Bortezomib e Desametazone) oppure TD (Talidomide e Desametazone). Tutti questi schemi si sono dimostrati più attivi rispetto alla chemioterapia convenzionale con VAD. Attualmente è possibile utilizzare un altro farmaco immunomodulatore, la Lenalidomide, che ha mostrato efficacia nella terapia dei pazienti recidivati dopo trapianto autologo.
Il trapianto allogenico di CSE da donatore HLA-compatibile si è mostrato l’unico trattamento realmente eradicante per la cura di questa malattia. Tuttavia, poiché è gravato da una elevata mortalità legata alla procedura, appare attualmente indicato solo in una piccola percentuale di pazienti a prognosi particolarmente sfavorevole.

Pazienti anziani o non candidabili a terapia con alte dosi   Anche per ciò che concerne questa categoria di pazienti l’introduzione dei nuovi farmaci ha modificato l’approccio terapeutico a questa malattia, sebbene i risultati siano meno chiari rispetto ai pazienti giovani. Per molti anni la terapia standard nei pazienti anziani o non candidabili a terapia ad alte dosi di chemioterapia era basata sullo schema MP (Melfalan e Prednisone). Attualmente al classico MP si sono aggiunte come opzioni terapeutiche per la terapia di prima linea almeno altri 3 schemi: MPT (Melfalan, Talidomide e Prednisone), VMP (Bortezomib, Melfalan e Prednisone) e VMPT (Bortezomib, Melfalan, Talidomide e Prednisone). Molti studi sono attualmente in corso e molti sono stati effettuati fino ad ora sulle combinazioni di questi nuovi farmaci: se è ormai chiaro che gli schemi contenti i nuovi farmaci consentono di ottenere un maggiore controllo della malattia con una maggiore percentuale di risposte, meno chiari sono i dati relativi alla sopravvivenza globale, che, in alcuni casi, non risulta discostarsi in maniera significativa da quella che si ottiene usando il classico MP, anche perché molti dei pazienti trattati in prima linea con MP possono ricevere i nuovi farmaci al momento della recidiva. Anche nei pazienti anziani è possibile utilizzare, in caso di recidiva o di progressione, la Lenalidomide.

Terapia di supporto: una parte integrante della terapia del MM è costituita dalla terapia di supporto, da cui dipende in parte la qualità di vita del paziente. Alcune terapia di supporto più frequentemente utilizzate nel MM sono:

Terapia di idratazione e diuretica per l’insufficienza renale;
Terapia di idratazione, steroidea e con bifosfonati per l’ipercalcemia;
Terapia sintomatica del dolore osseo con la radioterapia;
Terapia sintomatica dfell’anemia con i fattori di crescita eritrociatri;
Terapia antidolorifica con FANS o oppiodi maggiori;
Terapia delle lesioni ossei con bifosfonati (es. acido zoledronico).

Nuove terapie: sono in fase di studio delle nuove molecole che potrebbero essere in grado in un immediato futuro di modificare ancora l’assetto terapeutico di questa malattia, già prepotentemente modificato negli ultimi 10 anni. Alcuni di questi farmaci sono:
Inibitori delle istone deacetilasi (Vorinostat, Panibinoistat, Romidepsin);
Inibitori del proteasoma (Carfilzomib ed altri);
Immunomodulatori (Pomalidomide);
Anticorpi monoclonali, inibitori di mTOR e inibitori della via di segnale Akt/PI3K.

Photo Credits |Alex_Traksel/ Shutterstock

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