Curarsi con l’ omotossicologia

di Redazione Commenta

L’ omotossicologia, fondata da H.H. Reckeweg, studia il comportamento e l’eliminazione delle tossine che danneggiano l’organismo umano, le cosiddette omotossine. L’ omotossicologia è considerata l’evoluzione dell’ omopatia, è figlia della cultura medica degli anni ’30 ’40 ’50; gli anni in cui biochimica e immunologia assumevano il ruolo di protagoniste della medicina contemporanea. In Italia l’ omotossicologia arriva nei primissimi anni ’80; per la prima volta i medici italiani vengono in contatto con una serie di prodotti omeopatici innovativi. L’etimologia del termine omotossicologia, o omeopatia antiomotossica, significa: studio degli effetti delle tossine sull’uomo e relativo trattamento omeopatico. Il medico omotossicologo utilizza tanto le acquisizioni della medicina omeopatica quanto quelle della medicina convenzionale. Per l’ omotossicologia la malattia è espressione della lotta fisiologica dell’organismo che tende ad eliminare le omotossine (o stressors) che hanno superato la soglia di allarme. Reckeweg stesso affermò che “le malattie sono l’espressione della lotta che l’organismo compie contro le tossine, per neutralizzarle ed espellerle e per compensare i danni provocati da esse”. La malattia è infatti causata dal nostro sistema immunitario che si mette in moto per combattere ed espellere i veleni che inquinano i nostri tessuti. Nel momento in cui l’organismo si trova con un eccesso di tossine (alimentazione errata, intolleranze, assunzione medicinali, stress, ambiente) si attiva per la loro espulsione: tramite la pelle (eczema, herpes, eccessiva sudorazione), tramite il sistema respiratorio (rinite, sinusite), tramite l’apparato gastro-digerente (febbre, diarrea), tramite reni-fegato (cistite, calcoli, cirrosi). A volte il sistema immunitario riesce a neutralizzare e successivamente ad eliminare l’ omotossina, per esempio attraverso il sudore, la respirazione, il catarro, l’urina e così via. Se la tossina riesce invece a “sopravvivere”, dà origine alla malattia vera e propria: febbre, dolori, tosse sono appunto i tentativi naturali messi in atto dall’organismo per liberarsi dall’intossicazione.

In pratica il corpo si difende dalle omotossine con reazioni antitossiche, che noi comunemente chiamiamo malattia e che cerchiamo di risolvere con una pillola, togliendo in questo modo il sintomo ma non le tossine che lo hanno causato. I numerosi antibiotici, antipiretici, antidolorifici, usati troppo frequentemente e spesso a sproposito, bloccano l’effetto di eliminazione in atto e fanno trasmigrare le tossine in altri tessuti dove, divenute maggiormente aggressive, fanno danni ancora maggiori, anche a livello cellulare. In altre parole: non fanno uscire in alcun modo le tossine che hanno causato la malattia, e quindi, prima o poi, è lecito aspettarsi un ritorno del malessere, anche in forma diversa. L’ omotossicologia, con l’ausilio dei progressi della medicina accademica (quindi analisi mediche, esami diagnostici, ecc.) trova l’esatta posizione della malattia e tramite rimedi omotossicologici aiuta il corpo a riattivare le funzioni di elimino delle tossine. La terapia omotossica non elimina il sintomo, ma lancia un vero e proprio impulso verso la guarigione basato sulla disintossicazione: questo con l’ausilio sia di farmaci omeopatici (sia unitari che composti), che di altri rimedi. La terapia tende a stimolare i meccanismi di autoguarigione propri dell’organismo, incrementando la risposta immunitaria specifica di ciascun soggetto. I farmaci omotossicologici hanno, quindi, lo scopo di disintossicare l’organismo, potenziando nel contempo anche le sue difese naturali, utilizzando uno o più rimedi, ciascuno finalizzato a colpire una particolare tossina.

I vantaggi terapeutici rispetto all’omeopatia classica sono: possibilità di intervento anche nelle malattie degenerative e risultati molto veloci nelle patologie acute.

A cura di Manuela Torregiani

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