AIRC: 50 anni di ricerca sui tumori femminili – II

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La medicina, un tempo basata prevalentemente sullo studio degli organismi maschili, è diventata più amica delle donne e i risultati non si sono fatti attendere anche in termini di possibilità di cura.

La cura del cancro attenta alle donne

Donna e uomo, anche se colpiti dalla stessa malattia, rispondono in maniera differente alle cure. Studiare la diversità migliora le terapie.

Nata negli anni sessanta, la medicina di genere  si occupa delle malattie che colpiscono le donne, ma soprattutto dei meccanismi che fanno sì che la stessa malattia possa avere caratteristiche diverse in base al sesso. Non solo: grazie alla spinta della medicina di genere, tutta la ricerca clinica ha cominciato, negli ultimi vent’anni, a interrogarsi sulle modalità con cui sono state condotte le sperimentazioni sulle quali si basa la maggior parte delle conoscenze della medicina moderna. Nel 1994 i National Institutes of Health statunitensi hanno reso obbligatorio il punto di vista di genere (cioè l’analisi delle diversità tra uomo e donna) in qualsiasi progetto di ricerca medica da loro finanziato.

La prevenzione al femminile

Ormai è risaputo che i tumori vanno diagnosticati precocemente, prima che diano origine a sintomi. Ma anche la ricerca sulla prevenzione va avanti e ciò che si dava per assodato fino a pochi anni fa può essere messo in discussione o rivisitato alla luce di nuove scoperte. Vediamo, punto per punto, che cosa è cambiato.

Autopalpazione del seno: da sola non basta. Rimane nelle linee guida internazionali, tra le tecniche opzionali ma non più obbligatorie.

Ecografia mammaria: può essere utilizzata nelle donne giovani, che hanno un seno denso che non si visualizza bene alla mammografia, per completare quest’ultima o per sostituirla se ci sono indicazioni mediche (seno policistico, familiarità per tumore del seno eccetera).

Mammografia: gli ultimi studi confermano l’utilità dell’esame dopo i 50 anni, ogni due anni, mentre per le donne più giovani la questione è discussa.

Pap test: oggi le linee guida dicono che basta un Pap test ogni due-tre anni se il risultato è negativo e che, affiancando a esso anche l’esame per la ricerca del DNA dell’HPV, è possibile distanziarlo ulteriormente.

Fonte airc.it

Photo Credits |mirela bk/ Shutterstock

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