Dislessia, questa sconosciuta

di Redazione Commenta

La dislessia è uno dei disturbi specifici dell’apprendimento più comuni eppure ancora oggi in Italia le diagnosi arrivano in modo piuttosto tardivo. Gli insegnanti non sono preparati a riconoscere i primi segnali nei bambini che si approcciano alla lettura e alla scrittura e i genitori molto spesso rifiutano l’idea di avere a che fare con un bambino che deve essere aiutato.

Alessandro Rocco, co-fondatore di W LA DISLESSIA!, progetto nato nel 2010 con l’obiettivo di creare un metodo per aiutare ragazzi e bambini con difficoltà di apprendimento, inquadra la situazione attuale in Italia.

Servirebbe innanzitutto una formazione psicologica degli insegnanti, dar loro la possibilità di fare esperienza della dislessia in concreto, al posto di tanta teoria e troppa importanza agli strumenti elettronici. Alcune regioni dimostrano un’attenzione particolare rispetto ad altre, basti dare un’occhiata ai dati per rendersene conto. Il divario fra nord e sud poi completa il quadro. Se la Lombardia, con 10 milioni di abitanti e una popolazione scolare di circa 1 milione e settantamila, denuncia 47.000 ragazzi dislessici, il Veneto segue con 28.000 studenti con questo disturbo su circa 5 milioni di abitanti, per poi scendere vertiginosamente al dato della Campania, che su circa 5 milioni e ottocentomila abitanti avrebbe solo 5.200 studenti dislessici. Il che è decisamente inverosimile, sarebbe come dire che in Campania praticamente non esistono difficoltà di apprendimento. È invece piuttosto ovvio che queste differenze siano dovute alla mancanza di diagnosi e di strutture adeguate per aiutare gli studenti

Servirebbe una riforma scolastica ma Alessandro Rocco è scettico:

Qui subentrano problemi di altra natura: in primis la questione eminentemente politica, nel senso che è necessario conto delle procedure decisionali in voga in un determinato contesto socio-politico, in secondo luogo quella scolastica, poiché non si possono ignorare le peculiarità di un sistema che si vuole cambiare. In terzo luogo i rapporti di forza che lo strutturano

Foto | Thinkstock

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